Storia del Gremio

 

 

 

 

 


da sx in alto: Pasquale Marica, Siro Fadda, Tullio Torchiani, Cesare Ordioni, 
Salvatore Mannironi, Mario Rossi,Mariano Pintus, Mario Segni, Grazia Mannironi, 
Giovanni Antonio Cocco, Giovanni Nonne, Giovanni Battista Sotgiu, Antonio Maria Masia.

 

 

per avere il libro telefonare al 3356960036, oppure a scrivere a : Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

 

 

IL GREMIO (ha + di 100 anni, ma ne dimostra 67!) di Antonio Maria Masia

Sommario ­ Prefazione – Presentazione ­ Premessa

Capitolo I 35
Pasquale Marica, Il Fondatore del Gremio.
I Quaderni del Gremio. La Summa Sardòa. Il Dizionario dei Sardi. L’eridità. Luisella Marica.

Capitolo II 83
Il Gremio ha + di 100 anni, ma ne dimostra, ora nel 2015, appena 67!
Reportage di Salvator Ruju, 1904 e 1905.
Il 1° Congresso regionale Sardo a Roma, 1914.

Capitolo III 101
Come e perché nasce il Gremio.
La Pasquetta romana dei Sardi del 1948.
Acrase, primi cenni.
La Carta Costitutiva del 1949.
Lo statuto del 1950.

Capitolo IV 131
Prima, Seconda e Terza Presidenza
(da Siro Fadda a Tullio Torchiani e ancora a Siro Fadda).
La Tribuna.
Calendario delle manifestazioni del 1949.
Primo intervento per opere assistenziali.
La Befana del Gremio. Iniziative quasi “politiche”.
Ennio Porrino.
“Orgosolo” di Pasquale Marica.
Le grandi Mostre della primavera del 1950.
Le Tornate de la Tribuna.
Comitato Provvisorio per la riorganizzazione.

Capitolo V 171
Crisi: Comitato Provvisorio per la riorganizzazione.

Capitolo VI 177
Quarta Presidenza ­ Cesare Ordioni (dal 23.10.1958 al 28.4.1961).
La 1° sede in via Nomentana (Associazione + Circolo).
Antonio Segni Presidente onorario del Gremio. Gavino Gabriel.

Capitolo VII 203
Quinta Presidenza ­ Salvatore Mannironi (aprile 1961 ­ 6 aprile 1971).
La nuova sede in via del Corso 262, Palazzo Odescalchi.
La Sezione giovanile.
La visita del Presidente Antonio Segni.
Mario Porfiri.
Convenzione con la regione Sardegna ai sensi della legge regionale n. 10 del 7­41965 (Fondo Sociale).
Il Centro Sociale di Ostia.
“Mannironi, Uomo pulito” di Pasquale Marica.

Capitolo VIII 231
Sesta Presidenza ­ Mario Rossi (dal 9­6­1971 al 14­4­73). Le polemiche con
Acrase e il concetto “pocos y mal unidos” in Salvatore Mannironi e Mario Rossi.

Capitolo IX 245
Settima Presidenza ­ Mariano Pintus (dal 7­3­1973 al 17­5­1980).
Centri Sociali e le polemiche conseguenti.
La Lega Sarda ­ L’evoluzione del Fondo Sociale ­ Il Gremio non aderisce alla Lega, La revoca della Convenzione con la regione ­ La mutazione del Centro Sociale di Ostia in “Circolo Quattro Mori” ­ l’Unione fra le Associazioni regionali ­U.N.A.R. (Il Gremio socio fondatore assume la vice presidenza). Premio Pietro e Matilde Fontana.

Capitolo X 267
Ottava Presidenza ­ Mario Segni (dal 7­5­1980 al 30­9­1999).
Fine del “Premio Fontana” e inizio del “Premio Sen. Salvatore Mannironi”. L’adesione alla Lega e il riconoscimento della Regione.

Capitolo XI 285
Nona Presidenza ­ Grazia Mannironi (dal 30­9­1999 al 28­6­2002).
Carta istitutiva del “Premio Sen. Salvatore Mannironi”.
La grande crisi.
Le dimissioni.
Interviene la FASI

Capitolo XII 299
Commissariamento ­ Giovanni Antonio Cocco (dal 24­11­2002 al 19­6­2003).
Il nuovo Direttivo a guida Giovanni Nonne

Capitolo XII 307
Decima Presidenza ­ Giovanni Nonne (dal 19­6­2003 al 10­9­2007).
Nuova sede e Presidenza dell’UNAR.
La continuità territoriale.

Capitolo XIV 317
Undicesima Presidenza ­ Giovanni Battista Sotgiu (dal 10­9­2007 al 12­6­ 2010).

Capitolo XV 329
Dodicesima Presidenza ­ Antonio Maria Masia (dal 13­6­2010, in corso).

Conclusione 361

Statuto del 1950 363

Mostra d’arte moderna (Quaderno del Gremio) 371

Indice dei nomi 415

Prefazione  di Antonio Casu

Il libro che Antonio Maria Masia ha dedicato all’associazione “Il Gremio”, di cui è presidente, è un’opera a più livelli, in parte storia, in parte cronaca, in parte saggio. Ma è allo stesso tempo, e forse soprattutto, una rivendicazione identitaria, un atto d’amore verso la Sardegna, e dunque verso il Gremio, che della terra madre costituisce un’emanazione, una testimonianza, un desiderio di continuità. Lo riconosce l’autore, quando ammette di vivere questo racconto come “un desiderio, un impegno, un dovere da adempiere”.

Masia, nel centesimo anniversario della prima concreta e documentabile attività di una associazione dei sardi oltre il limes territoriale della Sardegna (il 1°congresso regionale sardo a Roma del 1914), e a sessantasette anni dalla sua effettiva costituzione ­ con la denominazione che porta tuttora ­ nel 1948, compie dunque una meritoria opera di rivisitazione storica, con linguaggio diretto e immediato, avvalendosi di un rilevante supporto di atti e documenti, dei quali si citano ampi stralci, di un ricco apparato iconografico e fotografico, e anche di memorie e testimonianze, raccolte e conservate sin dalle origini nella stessa cerchia degli animatori del Gremio e nelle pieghe di questa storia si innervano le testimonianze individuali, la cronaca minuta degli eventi, la tessitura delle relazioni interpersonali. Il libro mette in luce le finalità dei fondatori. Innanzitutto la volontà di diffondere i valori delle genti sarde, che costituiscono il vero fattore di aggregazione identitaria dei sardi fuori dei confini dell’isola, ma anche dei valori economici della Sardegna, per aiutarne lo sviluppo. Un’associazione nata «per esaltare e potenziare le risorse morali, spirituali e materiali della Sardegna, parte integrante della grande patria italiana».

Una volontà, questa, tenacemente perseguita mediante due principali filoni di attività. Il primo economico­sociale, con la promozione dei prodotti di eccellenza, e il secondo socio­assistenziale, con il sostegno delle famiglie sarde in difficoltà, le colonie estive per bambini, ecc. In una nota del 26 marzo

1969 il Presidente Salvatore Mannironi, indicando gli ambiti di intervento assistenziale dell’associazione,

delinea un realistico ritratto sociologico degli emigrati sardi a Roma nell’immediato dopoguerra, che Masia così riassume: «ragazze sarde in cerca di lavoro, specie come domestiche, operai e manovali alla caccia di una qualche occupazione, persone che chiedono aiuto per problemi previdenziali, che chiedono sussidi, pratiche di patronato, di separazioni familiari, ricoveri ospedalieri, problemi di ragazze madri, di orfani, fughe di giovani, adozioni, ritardi scolastici, scarsità di asili, di scuole materne, carenze a livello di scuole elementari e medie, lavoro minorile...”

Un filone, quest’ultimo, destinato a ridursi con il progressivo inserimento sociale dei sardi a Roma. Da questo punto di vista la storia del Gremio è anche, in filigrana, l’attendibile testimonianza del radicamento della comunità dei sardi in Roma, dal dopoguerra ad oggi, e anche del mutamento della sua composizione sociale, della sua capacità di ritagliarsi un ruolo sia nelle istituzioni politiche sia nella società civile.

Di questo percorso parallelo, della comunità dei sardi nella capitale e dell’associazione, Masia richiama i passaggi, le tappe, la crescita, ma anche le difficoltà, sia quelle che affondano le loro radici nella cronica limitatezza delle risorse finanziarie sia quelle dipendenti da rivalità personali, divergenti strategie, differenze politiche, ecc.

Sin dai primi tempi, si lamenta che «i sostegni finanziari da parte della Regione non risultano né adeguati né ben cadenzati» come del resto la morosità dei soci, ed anche «la nascita non necessaria della concorrenza», cioè la nascita di associazioni concorrenti. A questo proposito sono ricche di amara ironia le parole di Mannironi riservate alla nascita, negli anni Sessanta, di una terza associazione affine. A suo dire «non desterebbe alcuna meraviglia il sorgere, con pari agevole facilità, di una quarta Associazione di corregionali, in omaggio forse alla nostalgica suddivisione quadripartita della Sardegna, nei quattro giudicati di Cagliari, d’Arborea, di Torres e di Gallura. Purtroppo è da riconoscere quanto in noi faccia difetto il senso dell’unione e di fraterna solidarietà che, all’incontro, anima le altre

Associazioni regionali che nell’Urbe prosperano, senza alcuna tendenza a scissioni, a proliferazioni o a dannosi disperdimenti, come disgraziatamente avviene fra i Sardi; al punto da avvalorare la giusta quanto fastidiosa sentenza che ci definì “pocos y mal unidos”».

Masia non si sottrae dal richiamare le «non poche critiche e polemiche di natura politica, sindacale ed ideologica», che insorsero a seguito della comparsa della concorrenza. Ma rivendica al Gremio una continuità nella distanza dal rischio del collateralismo politico, e dall’accusa di moderatismo politico, mossa ai suoi vertici, in quanto prevalentemente esponenti della Democrazia Cristiana.

E lo fa richiamando non tanto la rivendicazione di apoliticità di cui all’articolo 2 dello Statuto, che addirittura vieta «ogni iniziativa, attività, o manifestazione che sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, persegua comunque scopi di propaganda politica», quanto la caratura morale dei suoi leaders storici, da Salvatore Mannironi ad Antonio e Mario Segni e fino ad oggi, e soprattutto la continuità con gli indirizzi del primo fondatore, Pasquale Marica, che si rivolgeva alle élites intellettuali culturali e professionali, al di là di ogni appartenenza politica, individuando valori comuni e alimentando uno spirito di appartenenza unitario, che una affiliazione politica avrebbe irrimediabilmente compromesso. Masia ripropone dunque la visione del Gremio come di un circolo che nasce sì da un gruppo di intellettuali e importanti personaggi sardi della Roma del 1948­49 ma che, proprio nel rivolgersi alle migliori espressioni della cultura e del lavoro dei sardi nella capitale, supera le divisioni e la diversità degli orientamenti, e si apre dunque potenzialmente a tutti.

La carta istitutiva dell’associazione ci rivela che “Il Gremio” si considera come «una fratellanza», «una accolta di uomini eletti» che «si propone l’affratellamento fra i soci, la loro assistenza, la valorizzazione dei sardi, soci o non soci, degni di emergere per onestà, capacità e civismo».

Forte, ricorrente e significativo, il richiamo alla fratellanza tra i fondatori e i soci, tanto da creare sin da

subito «lo schedario dei Maggiorali», «per dare modo ai Maggiorali di meglio conoscersi reciprocamente e di rinsaldare il loro affratellamento”.

I soci del Gremio si impegnano a «sorreggere con la loro autorità e competenza le iniziative (...) prese per esaltare e potenziare le risorse morali, spirituali e materiali della Sardegna, parte integrante della grande patria italiana».

È dunque questo impegno che intende assolvere Masia, al quale va riconosciuto l’indubbio merito di avere dato grande impulso al Gremio durante gli anni della sua presidenza, per giunta in una congiuntura tutt’altro che favorevole, dando voce ai protagonisti di questa storia comune, alle diverse manifestazioni del lavoro, del pensiero e dell’arte, sempre attento a far sì che «la valorizzazione dei sardi, soci o non soci, degni di emergere per onestà, capacità e civismo» avvenisse senza preclusioni politiche o ideologiche.

D’altronde un simile indirizzo ci pare l’unico conforme allo spirito di quella fondamentale affermazione sopra richiamata, secondo cui la Sardegna è «parte integrante della grande patria italiana». Si tratta di un passaggio chiave, questo, per manifestare quella caratteristica tipica delle classi dirigenti sarde, dal Risorgimento in poi, di essere «devoti alla Sardegna e all’Italia una e indivisibile». E di esserlo rivelando spesso un tratto comune, che non viene offuscato dalla popolarità di alcuni personaggi: la riservatezza, manifestazione esterna di un modo di essere e di lavorare.

E così, sfogliando le pagine di questi sessantasette anni di vita del Gremio, ci appare una galleria di volti e personaggi della Sardegna che si sono affermati nel «Continente» in Italia e nel mondo. Politici, funzionari, prefetti, scrittori, giornalisti, ma anche letterati, musicisti, artisti.

Nella galleria dei personaggi non compaiono solo le icone della politica, che hanno svolto un ruolo di primo piano tanto nella storia risorgimentale quanto in quella repubblicana: Giorgio Asproni e Giovanni Battista Tuveri, Camillo Bellieni e Francesco Cocco Ortu senior, per giungere ad Antonio Gramsci,

Emilio Lussu, Renzo Laconi, e nel secondo dopoguerra ad Enrico Berlinguer, Salvatore Mannironi, Antonio Segni e Francesco Cossiga, e ancora nel periodo recente Mariano Pintus, Mario Segni e Giovanni Nonne.

Compaiono anche i tanti volti che esprimono una reale e intensa capacità di coniugare la memoria con l’interpretazione del presente, di dialogare con altre forme espressive e di sperimentare nuove vie, nella consapevolezza che l’identità si mantiene non in una sterile reiterazione di modelli tradizionali, ma nell’arricchimento che deriva dallo scambio vitale di idee, di esperienze, di linguaggi.

E così nella galleria dei personaggi si succedono e si alternano volti numerosi e familiari: poeti, come

Salvator Ruju, Ciccittu Masala, Marcello Serra e Sebastiano Satta, e scrittori, da grazia Deledda a

Salvatore Satta a giuseppe Dessì; critici letterari, come Neria De Giovanni; giornalisti, come giuseppe

Fiori e Luigi Pintor, Giovanni Floris e Pasquale Chessa; artisti, come Maria Lai, Costantino Nivola, Francesco Ciusa, Melchiorre e Pino Melis, Aligi Sassu; cantanti, da Maria Carta a Piero Marras; musicisti, da Gavino Gabriel a Ennio Porrino, da Lao Silesu a Paolo Fresu; attori come Amedeo Nazzari, Ubaldo lay e Marisa Solinas; registi, da Fiorenzo Serra e Piero Olivi alla nouvelle vague dei Gianfranco Cabiddu, Salvatore Mereu, Enrico Pitzianti, Giovanni Columbu e tanti altri.

Una galleria di personaggi, di volti, di opere, che ripropone con forza il ruolo di un popolo che, venendo da una propria e antica storia, ha svolto un ruolo leale e coerente nella costruzione dello Stato unitario. In questo essere allo stesso tempo, e coerentemente, fieri custodi di una identità plurimillenaria e leali compartecipi della costruzione dello Stato unitario, in questo essere un ponte culturale tra l’isola e «il continente», e oggi in realtà «i continenti», risiede la missione del Gremio, e di tutte le associazioni dei sardi. A questa missione intende rispondere anche il libro di Antonio Maria Masia.

Presentazione di Neria De Giovanni

Preparavo un saggio su grazia Deledda quando rileggendo alcune sue lettere mi sono imbattuta in un suo resoconto di una polemica sorta con il quotidiano di Sassari “la Nuova Sardegna”. La Deledda si lamentava di come il giornalista avesse male interpretato le sue parole riferite da un “tale” Marica che era uso andare a farle visita nella sua abitazione romana.

Dopo aver letto il bel libro di Antonio Maria Masia su “Il Gremio” capisco che quel ”tale” Marica era invece un uomo di ottima cultura e conoscenza, fondatore del primo nucleo associativo dei sardi a

Roma.

Così non mi stupisco più se anche in un’altra lettera della Deledda, ho letto di come la scrittrice ricordava la familiare frequentazione con Marica e le sue visite nel salotto “buono” del villino deleddiano. la cultura, e in particolare la cultura letteraria, ha una sua presenza e motivazione fin dalle origini del Gremio.

Ben figurano nell’elenco delle attività durante tutti gli anni di vita dell’Associazione, gli incontri, i dibattiti, le manifestazioni, gli eventi che hanno avuto ed hanno come protagonisti gli scrittori e gli intellettuali sardi.

Per la completa enunciazione dei nomi rimando volentieri alla illuminata “Prefazione” a questo libro di Antonio Casu.

Come risulta dall’accurata e precisa storia qui raccontata da Antonio Maria Masia, il Gremio se all’origine aveva più spiccatamente motivazioni sociali, anche grazie alla personalità di Marica, possiamo dire avesse un animo culturale altrettanto marcato. Quasi che il “nutrimento dello spirito” fosse giustamente sentito come necessario e “socialmente utile”, al pari delle altre, benemerite, attenzioni e beneficenze offerte soprattutto ai sardi della prima emigrazione.

E non soltanto cultura letteraria ma, sempre grazie all’input originario di Marica e compagni, questo libro attesta come tutte le arti fossero in primo piano, anche la pittura, anche la musica.

Tutto ciò è sempre puntualmente testimoniato da Masia che con pazienza certosina ha ritrovato un catalogo della Prima Mostra di artisti sardi a Roma, dove compaiono i nomi che saranno i maestri del Novecento in Sardegna e nella penisola: Biasi, Branca, Dessì, Spada, Figari, Silecchia, ecc.

Ho scritto che Masia ha raccolto tutto questo materiale con “pazienza certosina” ma vorrei aggiungere anche sicuramente con “l’entusiasmo del ricercatore”.

Ci sono molti modi per condurre una ricerca di ricostruzione storica.

Masia ha scelto una formula letteraria che sta a metà tra l’oggettività dello studioso e la soggettività dell’io­narrante.

Perché questo libro può essere letto come un grande racconto, un affresco d’epoca che giunge fino a noi grazie alla penna di uno scrittore.

E Antonio Maria Masia non può nascondere di essere tale, uno scrittore appunto, anche se per modestia non aggiunge alcuna notizia di questa sua attività, di poeta e scrittore, nella casella di presidente del Gremio ricoperta fino ai giorni nostri.

Masia ha dunque utilizzato una contaminazione di stili, dal memorialistico al documentario, dal colloquiale all’elencatorio, riuscendo a produrre un’opera approfondita ed esauriente di ricostruzione storica.

La forte personalità di scrittura rende però questo “racconto” non soltanto una storia dell’Associazione sarda a Roma ma anche e soprattutto un vero e proprio libro di Antonio Maria Masia.

Premessa

Il vero è solo titolo di ammissione al Gremio sarà quindi la volontà di sacrificare tempo, denaro e salute per l’affermazione della Sardegna (Pasquale Marica)”.

Scrivere la storia del Gremio

Dapprima una vaga idea, una piccola voglia subito accantonata, ma in fondo mai completamente abbandonata.

Poi un progetto dell’Associazione, e per me un desiderio, un impegno, un dovere da adempiere. Prima un approccio sommario e superficiale, poi a capofitto, con emozione e timore, in un mare sconosciuto e verso un approdo tutto da scoprire.

Ma da scoprire, e dove ancorare definitivamente la navicella.

Così, dopo aver letto e riletto centinaia e centinaia di documenti, fogli ingialliti dal tempo ed in avanzato stato di usura, annate su annate di verbali di assemblee e di direttivi, dopo aver esaminato una quantità enorme di fotografie, quasi tutte senza data e prive di riferimenti agli episodi “immortalati”, dopo aver consultato archivi e raccolte presso diverse biblioteche, da solo o in compagnia di amici e di preziosi e impagabili collaboratori del Gremio, ho iniziato a pensare concretamente alla realizzazione di un volume che raccontasse onestamente la “storia” del nostro Sodalizio, di questo volume che vuole essere anche un album di immagini.

Facendo con ciò seguito e doverosa “riparazione” al breve e sommario resoconto iniziale, non esente purtroppo da errori anche non lievi (inevitabili allora, in mancanza di fonti sicure e forse anche di determinazione a cercarle), a firma mia e di Maria Vittoria Migaleddu, (a quel tempo, nel 2008, con me vicepresidente dell’Associazione), intitolato “Appunti per una storia del Gremio”.

Appunti che dovevano servire come prima base e spunto per una successiva ricerca più vasta e accurata.

Non è stato facile trovare subito le motivazioni per un “lavoro” tanto faticoso e complicato.

Spesso mi sono chiesto ma che senso ha, al giorno d’oggi, riprendere dall’inizio un lunghissimo filo, di cui non si riusciva a trovare il punto di partenza? ed a quale fine tanto “lavoro”? E’ importante fare il racconto dell’’Associazione dei Sardi in Roma dal suo apparire? E cosa mai di interessante e di significativo ha rappresentato il Gremio per dare alla sua vicenda la dignità, più o meno riuscita, di un libro? Dubbi e interrogativi accresciuti anche dal pensiero dell’impegno e della fatica alla quale mi sarei sottoposto, nel riprendere quel filo lontano e di nuovo tesserne la trama e l’ordito. Ma, strada facendo, rovistando con sarda testardaggine fra carte e foto, seppure con la

preoccupazione dell’oneroso sentiero da percorrere, ho trovato finalmente le molle psicologiche interne adeguate alla bisogna, quelle indispensabili per portare a termine un progetto di questo tipo. Oltre naturalmente il primario e basilare desiderio di raccontare una storia che sentivo essere importante e di qualità per la nostra Isola.

Via via si sono manifestati sempre più intensi gli stimoli necessari all’impresa, anche alimentati, lo confesso subito, da un forte e crescente impulso, non disgiunto da una leggera ma persistente venatura polemica quasi di rivalsa “morale”.

Ecco: il “parto”, lungo e complicato, mi avrebbe dato l’occasione per togliermi, come suol dirsi, qualche sassolino dalla scarpa, anche e soprattutto per conto del Gremio e di personaggi che non ci sono più. Mi spiego.

In primis dovevo un risarcimento.

Avendo finalmente “incontrato” in questo percorso il personaggio che è stato il pilastro fondante dell’Associazione, caduto stranamente, dopo la sua scomparsa circa 35 anni fa, nell’oblio e nella dimenticanza generalizzata, ho sentito forte la determinazione e il dovere di farlo riaffiorare ai nostri ricordi, di restituirgli la memoria storica, insomma di ridare il giusto riconoscimento al “Padre” del Gremio.

Non è l’unico, ma, poiché è stato il primo e l’iniziatore di tutta questa storia, è importantissimo e fondamentale.

Ridare quindi luce a chi, non si capisce perché, l’aveva ormai persa da decenni.

In secondo luogo, volevo un risarcimento.

Mi pongo, infatti, con questa iniziativa, il tentativo di incidere, sperando di modificarle, sulle valutazioni e considerazioni non sempre positive nei confronti del Gremio, da parte di terzi, riscontrate nel corso degli anni o direttamente o attraverso i documenti consultati.

A volte, parlando del Gremio e della sua attività, ho incontrato negli interlocutori, anche quelli istituzionali, che si presume debbano conoscere le cose, una sorta di freddezza e di poca attenzione, in alcuni casi di sottostima.

Perché Il Gremio veniva considerato, a mio avviso erroneamente e con molta superficialità, un riservato ed elitario gruppo di notabili, di persone altolocate e snob, di intellettuali con un po’ di “puzza sotto il naso”?

Perché si dava risalto solo alla sua, pur pregiata, attività culturale e si trascurava invece il fatto che non si era mai astenuto da quella di carattere sociale e solidale, alla quale si dedicarono, successivamente intorno alla fine degli anni 60/70, altri Circoli, sorti in Italia e nel mondo su spunto e a sostegno della politica della Regione Sarda a favore dei suoi emigrati?

Un altro pregiudizio, questo, forse, non completamente infondato, ha sempre circondato il Gremio: l’attribuzione di una sua appartenenza politica alla Destra in genere, considerato che i suoi principali esponenti sono stati, nel corso dei primi cinquant’anni, o intellettuali o politici impegnati in quell’area definita prevalentemente democristiana.

A confutare in parte questo preconcetto osservo che, ove sostenibile, la citata collocazione politica non ha mai fatto venire meno il precetto costitutivo e statutario di “apoliticità” del Gremio, previsto sin dall’origine sempre ripetuto e rispettato:

Art. 2 – L’Associazione è assolutamente apolitica e nel suo ambito è assolutamente vietata ogni iniziativa, attività, o manifestazione che sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, persegua comunque scopi di propaganda politica. L’Associazione non ha finalità di lucro

Da rilevare inoltre che questa attribuita “coloritura” di Destra, se inizialmente ha un tantino aiutato l’Associazione per la facilità e la vicinanza di relazioni con i vertici della Regione Sarda (i cui presidenti quello della giunta e quello del Consiglio facevano di diritto parte dei soci onorari del Sodalizio e che spesso gratificheranno il Gremio di visite, conferenze ed anche di piccoli aiuti finanziari) in seguito però gli ha procurato delle vere e proprie difficoltà.

La permanente, a volte rilevante e a volte meno, “diffidenza e lontananza” da parte di quei Circoli o Centri Sociali, nati dopo (organizzatisi successivamente in Federazione) ed improntati, quasi naturalmente, a “coloriture” di Sinistra non sarà indifferente rispetto a certi giudizi e, ad esempio, allo stabile accesso alle fonti di finanziamento predisposti sul tema da parte della regione Sarda. Vedremo, infatti, che a partire dalla nascita ufficiale, nel 1973/1975, della “Lega dei Circoli Sardi dell’emigrazione”, fondata con merito da Tullio Locci di Villasor (allora presidente del Circolo di Savona), si renderà indispensabile, per i singoli Circoli, aderirvi. Condizione obbligata per essere riconosciuti dalla Regione Sarda e quindi beneficiare del contributo pubblico dello specifico Fondo Sociale per l’emigrazione. Aiuto inizialmente previsto a sostegno dell’attività sociale di assistenza agli emigrati in difficoltà e in seguito, affievolitasi o venuta meno tale esigenza, consentito a compenso, seppure parziale, dell’attività di rappresentanza e “propaganda” svolta dai Circoli a favore della cultura e dell’economia dell’Isola.

Tale contributo, peraltro, è sempre stato a rischio di importo e di tempi di erogazione; e se ora vogliamo parlare di questi tempi, ad altissimo rischio! Ma questo aspetto, se del caso, farà capolino più avanti. Il Gremio, lo vedremo, inizialmente non entra nella Lega che assumerà, nel corso del 1° Congresso tenutosi a Roma nel febbraio del 1994, la denominazione attuale di F.A.S.I ­ Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (più brevemente d’ora in poi FASI) e viene, di conseguenza, escluso dai contributi.

Diversi anni dopo vi aderirà, ma ancora più tardi avrà accesso ai contributi.

Per inciso, non posso, a questo punto, non rilevare la grande e determinante importanza della fondazione della Federazione e del suo costante “servizio” svolto a favore dei Circoli, nonchè la determinante funzione in termini di mediazione e di influenza sulle politiche della regione nel settore dell’emigrazione.

Una catalogazione, insomma, quella attribuita al Gremio, nell’area del “don Camillo” di turno, spesso strumentalmente non benevola, che lo relegava in secondo piano rispetto ai Circoli, stimati invece nel circuito dell’antagonista ”onorevole Peppone”, che proliferarono, da Roma inclusa in su, a partire da quella prima legge sul “Fondo di Solidarietà regionale” del 1965 concepita per l’assistenza ai corregionali “sbarcati” a Roma e dappertutto nel mondo, alla ricerca, disperata a quei tempi, di lavoro, dignità e futuro e con enormi disagi di accoglienza e di inserimento.

Destra e Sinistra, d’altronde, fortemente contrapposte in chiave ideologica, hanno caratterizzato la vita sociale e politica dell’Italia negli anni della ripresa post bellica e del boom economico, radicando fratture nel tessuto della Nazione, negli ambiti familiari, in quello religioso, fra gli intellettuali, gli artisti, gli operai. Spingendo in definitiva: o da una parte o dall’altra.

Una sorta di inevitabilità di schieramento era quindi nelle cose: il Gremio degli intellettuali e delle personalità importanti di Roma a Destra o lì vicino, i Centri Sociali a Sinistra o lì accanto. D’accordo quasi tutti sulla patologia emigrazione, ma divisi sulla terapia!

Condivise da tutti erano, infatti, le valutazioni generali del disagio poiché le condizioni di sbarco o meglio di arrivo e di inserimento erano veramente difficili ed offensive della dignità umana. Oltre che incomprensibili, perché all’interno di un unico Stato!

Al punto che potrebbe apparire assurdo e paradossale anche l’utilizzo, nel linguaggio corrente, dei termini “emigrazione ed emigranti”, con tutti i possibili conseguenti significati negativi, per classificare e valutare gli spostamenti di cittadini italiani fra una regione insulare d’Italia ed il suo Continente peninsulare.

Da ciò deriva, comunque, la legislazione speciale sul tema emigrazione.

Diversi, però, furono i propositi, i progetti e le misure da intraprendere per la soluzione del problema, a seconda del punto di vista di osservazione e di provenienza sociale e soprattutto politica dell’osservatore­operatore.

E che questa situazione di disagio avesse maggiore percezione e sponda a Sinistra, lo si dava per scontato, era quasi inevitabile nella scia delle rivendicazioni operaie e sindacali del partito socialista e comunista. Alla Destra conservatrice veniva attribuito in genere un atteggiamento di scarsa attenzione al fenomeno o per lo meno di inadeguata reazione.

Sull’emigrazione in generale ci sono, in coesistenza con molta ignoranza e diffusa sottostima di dati, migliaia di scritti, di libri e di testimonianze che andrebbero esaminate e valutate con obiettività per dare alla questione (di drammatica attuale evidenza ai giorni d’oggi) le risposte più adeguate e rispettose dei diritti dell’Uomo.

Il dramma eterno delle Migrazioni, ripetuto nel tempo, è qui sotto i nostri occhi moderni di appartenenti ignavi alla stessa ed unica razza, quella umana. Tragedia ancora in attesa di una dignitosa ed equa soluzione, mentre alte e diffuse si fanno, purtroppo, le voci cialtrone e le grida spropositate di chi propugna soluzioni sommarie ed offensive dei basilari diritti naturali dell’Uomo e della Donna ad una vita decente a prescindere dal colore, dalla razza e dalla religione.

I nostri Fondatori hanno dedicato scritti e convegni all’argomento, avendolo, loro più di noi, sofferto direttamente, e pure noi discendenti, nel nostro piccolo, ce ne siamo sempre occupati attraverso specifici incontri e dibattiti e grazie, di recente, a quella interessantissima, opportuna e felice operazione, in video documentari: “Mannigos de memoria” (raccolte di memorie) voluta e organizzata dalla FASI.

Le differenti terapie sulla vicenda emigrazione, alla luce della specifica legge regionale in materia, hanno in qualche modo determinato comportamenti e percorsi alternativi fra i soggetti protagonisti, in particolare fra un’Associazione come il Gremio e buona parte dei Circoli.

È in quel contesto che nasce il pregiudizio pungente e fastidioso, a volte dissimulato, che ha accompagnato il Gremio, quasi mai consentendo di riconoscergli la missione sociale e assistenziale realmente svolta sin dall’origine ed alla base della sua comparsa.

La conferma della missione sociale la possiamo leggere nella Carta Costitutiva del Gremio, elaborata dai soci fondatori sul finire del 1948, quando, quasi in contemporanea, la nostra Isola si dotava e veniva dotata della particolare e opportuna condizione di Regione Autonoma.

Privilegio, questo, figlio dello spirito e dell’anelito a traguardi di autonomismo di non pochi illustri Sardi. Privilegio, peraltro, sia detto incidentalmente, non sempre ben “utilizzato” da una classe regionale dirigente, a volte non abbastanza illuminata e lungimirante, immersasi in auto lamentazioni e sterili rimasticature delle fratture e delle continue insopportabili polemiche ricorrenti nella politica nazionale.

Art, 2 della carta costitutiva del 1948:

Il Gremio si propone l’affratellamento fra i soci, la loro assistenza, la valorizzazione dei sardi, soci e non soci, degni di emergere per onestà, capacità e civismo.

Art. 3… per esaltare e potenziare le risorse morali, spirituali e materiali della Sardegna, parte integrante della grande patria italiana.

Assistenza e valorizzazione, dunque: ecco gli obiettivi che saranno sempre presenti nei successivi statuti del Gremio, con il preciso richiamo ai grandi valori dell’onestà, capacità e civismo, nel quadro di una Italia unita e solidale.

È passata invece, scusate la ripetizione, la vulgata fastidiosa e a volte malevola che, visto l’atto di nascita firmato dalla “intellighenzia” sarda in Roma dell’epoca (naturalmente personaggi di spessore per professione e per censo, avvocati, giornalisti, scrittori, magistrati, imprenditori e così via), ha “bollato” il Gremio come associazione lontana dai lavoratori e in genere dagli umili. Intenta solo ed esclusivamente ad attività culturali e ludiche, peraltro riservate a pochi eletti, con qualche esibita concessione paternalistica e filantropica di beneficenza.

Il che, già di per sé, sarebbe un gran merito, perché non era facile ri­cominciare subito (non a caso uso il verbo col trattino), questo genere di iniziative dopo l’ubriacatura antidemocratica del ventennio fascista, che delle libere associazioni culturali aveva fatto strame, sciogliendole od irreggimentandole in cinghie di trasmissione della prosopopea mussoliniana.

Ri­partire a filare in maniera preziosa, come si fa con il bisso marino, le eccellenze e le prospettive culturali, storiche, geografiche ed economiche della Sardegna, le tradizioni, i cibi, i vini e i suoi artisti affermati o in erba, ha voluto dire fare qualcosa di veramente importante e soprattutto di utile per la nostra Isola e la nostra gente.

Questo aspetto non va mai dimenticato quando si parla del Gremio e in generale dei Circoli Sardi nel Mondo, anche quando si fa la tara alla loro attività! E poniamoci anche una “pregunta” (domanda). Chi poteva far rinascere dalle sue ceneri, in quel tempo, la pregiata attività culturale e assistenziale di una Associazione di sardi nella Capitale se non gli intellettuali, gli artisti, gli uomini dello spettacolo e della illuminata burocrazia? Lo potevano fare gli operai e le classi più disagiate, alle prese con gravissimi problemi di base? Certamente no! e non per colpa a loro attribuibile. L’ha fatto, quindi, chi ne aveva i mezzi e gli strumenti a disposizione.

Questo significa che il Gremio ha ri­cominciato a praticare ed operare per primo, nel 1948 agli albori della repubblica, ri­prendendo dal suo passato il filo culturale e morale che è alla sua origine. Successivamente, negli anni 80, passata l’esigenza e la temperie dell’emigrazione praticamente obbligata e difficile come sommariamente detto prima, l’indirizzo culturale è ridiventato patrimonio ed attività prevalente, se non esclusivo, di tutti i Circoli.

Ormai, è pacifico, tutti facciamo ciò che il Gremio aveva ri­cominciato a ri­fare (capirete perché insisto, anche graficamente, su questi verbi) nel 1948: cultura, folklore ed economia, “propaganda” e “vetrina” per la Sardegna, potendo così “rivendicare”, a buona ragione, un primato.

Penso, infatti, che sia la prima Associazione dei Sardi nel Continente e persino base fondante, nonché sprone per i Circoli nati successivamente, anche se si fa, come vogliamo fare, riferimento al 1948 (anno di nascita con il nome Gremio), prescindendo dal fatto che chi ha fondato il Gremio aveva già partecipato alla nascita dell’Associazione dei Sardi in Roma già attiva in maniera eclatante, come ampiamente documentato in questo volume, agli inizi del 1914.

Cento anni fa!

Ecco quindi esplicitata e dichiarata la mia “reazione” rispetto alla “leggenda” sottrattiva e distorsiva, sicuramente dovuta a scarsa conoscenza, che etichetta il Gremio come entità nobile, altera e in cattedra, paragonabile a quel tale insopportabile professore di cui sono numerosi gli esempi nella piccola e nella grande storia.

Non è così, e lo vogliamo (mi scuso, in questo caso, per il plurale) sostenere.

Proseguendo su queste premesse, ho anche pensato, come si fa di solito, con quali parole significative ed evocative, iniziare la piccola storia del Gremio, che poi tanto piccola, forse non è, se è vero com’è vero che lega e intreccia, a Roma e nel Lazio, la trama della cultura e delle tradizioni della Sardegna con la grande storia dell’economia, della politica e del progresso dell’Italia. Visto che il destino e la storia avevano portato, con mia assoluta condivisione per quel che conta (autocitazione da Kadossène:

S’istoria hat gai istabilidu/ cando Isula e Penisula hat unidu”, la storia ha così stabilito/quando Isola e Penisola ha unito), la Sardegna in dote al Continente e viceversa, era opportuno ed è stato salutare che qualcuno, nella Capitale, si occupasse anima e corpo di Kadossène (per i Fenici) o Ichnùsa o Sandalyon (per i Greci).

L’ha fatto il Gremio assumendosi il compito di far conoscere e divulgare nella Capitale tutte le forme artistiche, storiche, culturali, economiche, antropologiche e sociali dell’Isola misteriosa chiamata “Sardegna quasi un Continente”, come ebbe a definirla, in un suo bel libro, quel grande poeta, scrittore, saggista, autore di trasmissioni radiofoniche e giornalista, amico del Gremio, spesso invitato come conferenziere o per presentare le sue opere. Amico che non c’è più e che si chiamava Marcello Serra. Lo “incontreremo” ancora in questo “racconto”.

Non trovavo inizialmente le parole che cercavo per dare il via al racconto, perché ancora a corto di adeguate informazioni e, probabilmente, anche di ispirazione.

Sino a quando, ed è cosa recente, non mi sono, finalmente, imbattuto nella decisiva consultazione di documentazione relativa al Gremio, non rinvenuta fra i numerosi, ma piuttosto confusi, faldoni presenti in sede. Consultazione consentitami da Grazia Mannironi, già vice presidente storica negli anni 80 e 90 durante il periodo di Mario Segni e poi lei stessa presidente dal 1999 al 2002, figlia di uno dei grandi del Gremio, on. Salvatore Mannironi. Di quest’ultimo ovviamente si parlerà con il merito e l’attenzione che la sua grande dedizione al Gremio ha comportato.

La documentazione scritta e fotografica di cui dispone Grazia Mannironi, a titolo familiare e personale, per “dono” da parte di Remo Branca, nella foto, (Sassari 4.5.1897 – Roma 26.7.1988, artista poliedrico, di fama internazionale, illustre e storico dirigente che figura tra i fondatori) è stata fondamentale per il racconto corretto e puntuale sin dal momento creativo del Gremio, nel 1948, se non prima, nel più lontano 1914. Perché se non prima?

Perché voglio, anzi devo riferirmi, anche all’Associazione dei Sardi di Roma, presente nel 1914 come si evince dagli “atti del primo Congresso regionale sardo a Roma”, di cui dirò nel prosieguo.

La lettura della ulteriore documentazione, tramite grazia Mannironi, mi ha subito suggerito le parole con le quali partire per l’inizio del “racconto”.

Non una frase, ma un nome ed un cognome, quelli del personaggio che, facendo leva sulla sua vasta cultura e su un amore veramente smisurato per la sua e nostra Isola, ha dato vita (con l’aiuto determinante di altri) al “Gremio”:

Pasquale Marica.

Ecco il nome ed il cognome per il mio primo capitolo.

Pasquale Marica nei confronti del quale ho sentito il dovere, ma anche la gioia, la soddisfazione  e ”l’orgoglio sardo”, del risarcimento morale alla visibilità, alla luce e ai meriti che gli spettano.

Ma non mi bastava, visto il venticello polemico che ha soffiato la vela di questa narrazione.

E così ho cercato e trovato anche il titolo per il secondo capitolo, suggeritomi dalla lettura degli “Atti del Congresso, tenuto in Roma in Castel S. Angelo dal 10 al 15 maggio del 1914”, promosso ed organizzato dall’Associazione fra i Sardi in Roma, come si legge nel frontespizio seguente e che vede, fra i protagonisti organizzatori, l’allora 28 enne Pasquale Marica insieme ad altri due personaggi che poi ritroveremo, nel 1948, fra i soci fondatori del Gremio: Giosuè Muzzo (libero professionista, pubblicista) e Enrico Lombardi (presidente Associazione Internazionale Arte e Pensiero).

ATTI del primo Congresso Regionale Sardo tenuto in Roma in Castel S. Angelo dal 10 al 15 maggio 1914 promosso e organizzato dall’Associazione dei Sardi a Roma

Comitato organizzatore

Presidente: Crespo Comm. Felice

Segretari: Arena Avv. Mario – Bardanzellu Avv. Battista – Lombardi dott. Enrico

Marica dott. Pasquale Muzzu avv.Giosuè – Serpi dott. cav. Alfonso l’evidenziatura in grassetto di alcuni nomi è mia.

Ecco così il titolo del secondo capitolo, che utilizzo anche come sottotitolo per il libro e che vorrebbe essere (chissà) un po’ spiritoso, sicuramente veritiero: ha + di 100 anni, ma ne dimostra 67!

Tranquillizzo subito i sotto estimatori della nostra storia, affermando che comunque ci atterremo per fissare primati e classifiche solo ai 67 (assumendo come data di nascita dell’Associazione chiamata “il gremio” il giorno di pasquetta del 1948, cioè il 29 marzo, quando “nel corso di un pranzo organizzato dal conte Gianni Ticca...” come da sempre si racconta al Gremio) e non ai 100 e passa anni che peraltro ci sarebbero, anzi ci sono. Lo vedremo.

Con i due titoli indicati inizio quindi il lungo cammino del Gremio e del suo progenitore…